caratteristiche psicologiche del lavoro del libero professionista

Essere liberi professionisti è una condizione lavorativa con specifiche ripercussioni psicologiche

La figura del libero professionista è uno dei cambiamenti più rilevanti che si possono percepire rispetto alla rapida mutazione del contesto socioeconomico e culturale: vi è un numero sempre più crescente di lavoratori che non sono assunti dal proprio datore di lavoro con contratti a tempo indeterminato, ma che si muovono come consulenti / libero professionisti.

Negli Stati Uniti, i liberi professionisti costituivano nel 1995 il 10% di tutta la classe dei lavoratori. Tra quattro anno si stima che il 50% di tutta la forza lavoro statunitense sarà costituita da liberi professionisti.

Esser liberi professionisti è una condizione lavorativa peculiare dove, in teoria, si hanno meno vincoli specifici dei un lavoro subordinato e da dipendenti, ma anche molte meno tutele.

Una psicologa australiana, la dott.ssa S. Jade Barclay, ha condotto una ricerca dedicata agli aspetti psicologici che maggiormente caratterizzano i liberi professionisti, argomento sul quale la letteratura scientifica è ancora carente.

Non sappiamo dire come sia la situazione all’estero, sicuramente ci sono diverse differenze tra le varie nazioni, ma sicuramente è importante come premessa considerare che in Italia il lavoro del libero professionista talvolta è una scelta, altre volte invece una sorta di “scelta obbligata”:

in tantissimi casi il libero professionista è in realtà un lavoratore dipendente (in termini di obblighi e vincoli) che non gode degli stessi diritti derivanti da un’assunzione diretta. Non è questo certo il contesto in cui avventurarsi in discussioni economiche, legali o da sindacati: si tratta però di sottolineare un aspetto importante (quello della scelta vs costrizione) che diventa una variabile cruciale quando si pensa al burnout.

Differnze psicologiche ed emotive

Per esempio, uno degli aspetti evidenziati dalla ricerca della dott.ssa Barclay è che i liberi professionisti tendono a relazionarsi alle variabili “tempo” e “controllo” in maniera positiva: dal suo campione emerge che il motivo principale per cui le persone scelgono un lavoro indipendente è per la possibilità di gestire il proprio tempo in modo autonomo e libero.

Non si tratta quindi di una scelta economica, ma di una motivazione che porta le persone a sentirsi maggiormente in controllo della propria vita, dei propri tempi e di poter disporre di maggior libertà.
Ovviamente tali aspetti positivi decadono quando il lavoratore, contrattualmente consulente, è tenuto a rispettare dei vincoli di giorni e orari da parte dei committenti.

A prescindere però dal grado di libertà, a nostro avviso gioca un ruolo importante l’aspetto del pseudo-cottimista: “più lavoro più guadagno, meno lavoro meno guadagno”. È noto infatti che in caso di malattia, maternità, lutti familiari e ferie i liberi professionisti non godono di tutele o coperture economiche (se non in minima parte e per circoscritte eccezioni).

A nostro avviso è per questo motivo che la ricerca della Barclay individua come primo sintomo di stress lavorativo in questa categoria il problema del sonno. I liberi professionisti, più facilmente degli altri lavoratori, presentano disturbi del sonno, soprattutto rispetto alla difficoltà a “staccare” la spina dal lavoro, e permane una maggior sensazione di dormire meno del necessario.

Chi segue gli articoli di Psicologo Melzo e Psicologo Novate si renderà conto che i sintomi del burnout dei liberi professionisti rendono questa categoria maggiormente assimilabile a coloro che soffrono di dipendenza dal lavoro, i cosidetti workaholichs (a cui abbiamo dedicato un articolo sul nostro sito, che potete legger cliccando qui)

Infatti, come per chi soffre di dipendenza da lavoro,  una delle dimensioni della vita su cui incidono maggiormente i sintomi è la relazione di coppia, dimensione che più è percepita dai lavoratori autonomi intervistati come area su cui si scaricano stress e tensioni.

Dalla ricerca è emerso anche un fattore protettivo importante, ovvero la possibilità di poter contare su un maggior numero di relazioni sociali derivanti dalla propria attività professionale (in termini di colleghi ed enti a cui chiedere sostegno o condividere difficoltà), mentre il lavoro da dipendente è percepito come più facile a comportare la tendenza all’isolamento o alla cristallizzazione delle relazioni.

In un prossimo articolo di Psicologo Melzo analizzeremo quali caratteristiche presenta il burnout dei liberi professionisti, che se da un lato ha varie similitudini con altre categorie lavorative, dall’altro ha delle specificità proprie.

Per approfondire

Barclay, S.J. (2015). Burnout, fatigue and stress factors in solo entrepreneurs.Postgraduate Degree in Master of Business Administration, Australian Institute of Business.

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