I risvolti psicologici alla base dei movimenti Nimby: per andare oltre il semplice essere "pro o contro"
Banana & Nimby
Banana non è solo “l’unico frutto dell’amore” (per citare un tormentone estivo di qualche anno fa), ma è anche un acronimo in inglese che sta per: Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything , cioè "Costruire assolutamente nulla in nessun luogo vicino a niente".
DI che si tratta?
Banana è l’estremizzazione del Nimby, cioè di un altro acronimo inglese che significa Not In My Back Yard, "Non nel mio cortile").
Nimby è una sigla che riassume un atteggiamento molto comune nel pensiero comune alla base di proteste più o meno attive nei confronti di opere (private o pubbliche) che dovrebbero avere un interesse pubblico, ma di cui le persone che ne ostacolano la realizzazione temono per ricadute in termini ambientali sui territori in cui vivono.
Detto così può sembrare complesso, ma gli esempi aiutano: la costruzione di una nuova autostrada, il quadruplicamento della rete ferroviaria, un nuovo polo industriale o la costruzione di una discarica.... Sono tutte opere solitamente non accolte favorevolmente dai cittadini che vivono nei pressi delle aree interessate dai progetti.
Un braccio di ferro tra emozioni e cognizione
I risvolti più curiosi da un punto di vista psicologico non sono tanto su questioni economiche o ambientali (a volte le persone hanno pareri contrari alla costruzione di qualche opera anche se fosse molto lontana dal proprio ambiente di vita, poiché la motivazione nasce da ideali o conoscenze più radicate), ma sul grado di dissonanza cognitiva che si crea quando una persona è in teoria favorevole ad un’opera, ma diviene contraria quando i lavori di costruzione incideranno sul proprio ambiente di vita.
Per esempio: è molto facile che l’idea di una nuova linea metropolitana trovi il consenso di tante persone (dovrebbe limitare il problema del traffico senza comportare problemi di inquinamento), ma è molto facile che troverà l’opposizione delle persone che vivono lungo la tratta prevista e che avranno diversi disagi per il periodo dei lavori: saranno ritenute migliori altre direttrici o deleteria l’idea della nuova opera (comparando costi e benefici).
La questione è così rilevante che è stato costituito un database nazionale (consultabile cliccando qui) che si propone di analizzare l’andamento del fenomeno, relativamente alle opere pubbliche.
Le ragioni dei sì e le ragioni dei no
È facile incontrare sia molti delatori sia molti sostenitori del “Nimby”: alla base delle critiche nei confronti dell’atteggiamento e dei movimenti Nimby vi è l’idea che si tratta di comportamenti e politiche ostruzionistiche che bloccano lo sviluppo (per esempio, in Italia alcune opere al momento bloccate porterebbero ad un aumento di produzione di idrocarburi, diminuendo i costi che ogni famiglia paga nelle bollette elettriche), mentre i sostenitori ne promuovono i risvolti positivi, ovvero che opporsi implica il doversi informare, aggiornare e rendersi criticamente attivi rispetto a tutte le complessità del proprio contesto ambientale e di vita.
Ovviamente entrambe le posizioni sono facilmente criticabili (quanto saremmo sicuri che diminuirebbe veramente il costo delle bollette anche se si dovessero ridurre le spese per i produttori? Quanto è vero che le persone che si oppongono sono informate correttamente e agiscono in modo consapevole piuttosto che movimentarsi su basi di informazioni superficiali, faziose e con atteggiamenti naif e da “tifoseria” campanilista?).
I significati psicologici del Nimby
Da un punto di vista psicologico, ma anche sociologico il Nimby è comunque un atteggiamento interessante. Sicuramente l’etichetta Nimby non è rappresentativa di tutti i movimenti presenti: esistono grandi differenze tra i movimenti presenti, a livello di territorialità, motivazioni, partecipazioni e ideologie.
Ricorrendo ad un principio fondante dell’approccio sistemico che seguiamo in terapia, la curiosità, è interessante poter comprendere quali dinamiche psicosociali sono alla base di questi movimenti di opposizione, che includono spesso questioni identitarie (personali e collettive), ma anche quali risvolti psicologici si possono sviluppare, per esempio appartenenze (che sono al contempo causa ed effetto dei movimenti) e processi di identificazione con il proprio gruppo territoriale.