Un Oceano di riflessioni su migrazione, coping, resilienza e solidarietà
Ambientato sulla costa Francese del canale della Manica, ma diretto da Aki Kaurismäki, regista finlandese, “Miracolo a Le Havre” è un film che tocca diversi temi, specialmente quelli legati alla migrazione e alla condizione dei minorenni clandestini.
In una città “di passaggio” e ricca di immigrazione combattuta dalle forze dell’ordine, il protagonista, un uomo pacifico e abitudinario (uno scrittore che si ritira in riva all’oceano cercando di vivere come lustrascarpe) la cui vita viene sconvolta da lu un lutto, si trova ad aiutare un ragazzino del Gabon che cerca di raggiungere la propria madre in Inghilterra.
Per certi versi il film ricorda “Welcome” di Philippe Lioret, pur rappresentando un’opera meno drammatica e meno cruda.
Da un punto di vista politico e sociale il film offre spunti di riflessioni contro le politiche repressive sull’immigrazione, ma da un punto di vista psicologico è interessante anche vedere l’opposto di alcuni fenomeni più comuni, come la diffusione della responsabilità, o lo svilupparsi di una solidarietà umana nei confronti di due persone colpite da tragedie emotive differenti e la resilienza dei due protagonisti