mio figlio non dorme - bambini piccoli

Mio figlio non riesce ad addormentarsi da solo

La tendenza a mantenere una regolarità (che crei prevedibilità nel bambino e, di conseguenza, tranquillità) per facilitare il sonno, come abbiamo visto nel caso dei neonati, è utile anche quando il bambino cresce.

Come declinare questo principio per adeguarsi ai bisogni del bambino cresciuto che protesta perché non vuol andare a letto, che non si addormenta da solo, ecc. ecc.?

L'adulto deve fissare delle regole chiare: poche, ma che sia in grado lui stesso di rispettare. Ci sono metodi, anche molto pubblicizzati, che consigliano di far piangere il bambino ad oltranza per abituarlo al sonno. Altri metodi invece, sostengono la necessità di tenere il bambino sempre con sé e assecondarne le richieste. Da un punto di vista della psicologia, così almeno come la intendiamo noi di Psicologo Melzo e Psicologo Novate, sembra crudele e inutile la prima soluzione:

si crea una sfiducia nella propria capacità di chiedere aiuto (se piango nessuno viene) e il bambino apprenderà a dormire da solo prima o poi, ma si farà anche l'idea che le proprie richieste non sono ascoltate ("sono quindi un bambino cattivo?" "Perché mamma e papà non mi vogliono?").
Anche nel secondo caso il bambino prima o poi si addormenterà, ma la situazione comporta sia problemi a livelli di autonomia, sia a livelli di coppia (dormire con il figlio nel lettone non aiuta l'intimità di coppia).

Per il nostro modo di concepire la psicologia e le relazioni, riteniamo più utile un altro approccio: l'adulto deve aiutare costruire una regolarità nella quale il bambino possa tranquillizzarsi e rilassarsi attraverso il seguire alcune regole.

L'importante è che tali regole siano rispettate dagli adulti in primis, che spesso cedono alle loro proprie regole, facendo imparare al bambino che quanto viene detto dall'adulto può non essere mantenuto (ad esempio: infliggere come castigo il non poter vedere più la televisione. Ovviamente non è un castigo che rimane nel tempo, meglio perciò pattuire un arco di tempo che il genitore sente di poter mantenere col figlio, senza cedere anzitempo).

Può essere utile per esempio comunicare in precedenza le regole al bambino, del tipo:
- La mamma (o il papà, o entrambi) sta qui con te 10 minuti, poi vado. Ti lascio la lucina accesa, la porta socchiusa... ma vado. –
In questo modo, il bambino impara che c'è un ritmo, fatto da un tempo in cui va a letto e si gode la presenza del genitore, che per esempio può leggergli una fiaba, e poi c'è un tempo altro, quello del sonno.

Presenteremo un articolo apposito su Psicologo Melzo e Psicologo Novate sul tema della fiaba.

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