Il bambino dice troppe parolacce: come fare?
Ovviamente questo articolo è rivolto ai genitori per i quali il fatto che il bambino dica qualche parolacce rappresenti un problema e che quindi cercano di non far trapelare nelle loro conversazioni espressioni che non vogliono che il figlio impari: se un genitore non volesse che il proprio figlio usi certe espressioni, che però sono comuni in casa, è come se chiedesse al proprio figlio di non imparare a parlare. Vale la pena precisare che non si può chiedere al bambino di imparare e imitare solo alcuni modi di dire e di parlare che sente comunemente in casa.
Ci sono famiglie in cui si sta molto attenti al linguaggio per evitare che i bambini imparino le parolacce, ma poi capita che dopo qualche giorno di asilo… il piccolo angioletto proferisca innocentemente un’espressione brutale da incallito frequentatore di curve da stadio.
Il significato delle parolacce
Molto spesso il bambino non capisce il significato della parola, la semantica del vocabolo usato… coglie però che sono delle parole “proibite” e che possono essere usate per dire qualcosa di brutto a qualcun altro.
La curiosità del bambino è allora capire che cosa succede se dicesse queste parole in casa… un po’ per vedere le reazioni, un po’ perché ci si sente grandi ad aver imparato qualcosa di nuovo fuori da casa (e da altri bambini).
Che cosa fare?
Scandalizzarsi, arrabbiarsi, o ridere divertiti sono tutte ottime reazioni per rinforzare la ripetizione delle parolacce, perché il bambino impara che quando le dice ottiene su di sé le attenzioni dei genitori.
Una modalità più utile può essere quella di spiegare al bambino che si tratta di parole brutte che fanno rimanere male chi le sente e lo fanno sembrare poco carino.
Ovviamente poi può capitare che i bambini all’asilo invece notino che il compagno che dice tante parolacce fa ridere ed è molto carismatico… potrebbero però anche osservare che le maestre lo sgridano, imparando quindi i diversi contesti in cui le parolacce sono più spendibili che in altri.
Si tratta in fondo dello stesso apprendimento che facciamo noi adulti, più disposti a lasciarci andare in certi contesti (tra amici, occasioni informali…) che non in altri (lavoro, contesto formale…)