Perché il lutto è un processo fondamentale per reagire ad una perdita? Perché è importante che la morte di una persona, vissuta come una perdita senza senso, non diventi una perdita di senso (P. Gelati).
Per comprendere meglio questo concetto è utile fare una considerazione di carattere più generale: noi esseri umani abbiamo un bisogno innato di dare un senso alla realtà che viviamo e che ci circonda. Facciamo un esempio:
provate a immaginare uno schermo su cui compaiono dei quadrati neri in movimento seguiti da cerchi bianchi. Se domandassimo a delle persone di descrivere quello che vedono otterremmo risposte diverse: qualcuno potrebbe dire che i cerchi seguono le scie dei quadrati, altri direbbero che gli uni tirino gli altri, qualcuno potrebbe dire che sembrano bambini che giocano a “ce l’hai”.
Al di là dei contenuti, le persone usano sempre schemi per dare significato agli eventi che viviamo e a cui assistiamo, per poterli inserire in una trama che connetta tutti gli eventi principali della nostra quotidianità e poter dar loro un senso.
Facciamo un altro esempio, questa volta tratto dalla quotidianità di noi tutti, come i momenti dei pasti, o delle cene. Al di là del fatto che mangiare è necessario per vivere, la nutrizione si veste di tutta una serie di significati che vanno oltre il fattore biologico: preparare la tavola, mangiare insieme, ritrovarsi a cena al termine della giornata, radunarsi coi parenti durante i pranzi domenicali… eppure non c’è nulla di fisiologicamente determinato in tutto questo, sono costruzioni sociali entro cui costruiamo e riconosciamo la nostra realtà.
I pubblicitari lo sanno bene, per cui spesso quando si sponsorizzano prodotti per la casa si vedono spesso tavole imbandite che richiamano il concetto di famiglia e di calore emotivo.
La morte, specialmente quella traumatica, è un evento che può fortemente minare le basi delle nostre credenze e delle certezze su cui fondiamo la nostra vita. Anche chi non ha mai vissuto sulla propria pelle un’esperienza del genere, avrà comunque provato qualcosa di concettualmente simile quando davanti a fatti incredibili (si pensi ai delitti di Novi Ligure, Cogne o Avetrana, allo tsunami, al terremoto) ci si ritrova a fare i conti sempre con la stessa domanda: “perché?”
La perdita di senso è sconvolgente, fa crollare le certezze, i progetti si dissolvono e svaniscono nel nulla pensieri ed azioni che fino a pochissimo tempo prima sembravano ciò che più di normale ci potesse essere.
Non stiamo parlando di un concetto filosofico o astratto: la perdita di senso si manifesta nella quotidianità, quando ci si rende conto che la tavola non andrà più apparecchiata per tre, ma solo per due, o quando l’altra metà del letto rimarrà costantemente vuota.
Il processo del lutto deve portare quindi a ricostruire un significato personale messo in crisi dalla perdita. È normale che l’iniziale perdita delle proprie credenze porti, per difesa, a chiudersi in se stessi dentro una sorta di bozzolo protettivo, ma è anche vero che nel bozzolo può svilupparsi una metamorfosi dalla quale si esca diversi, in una sorta di “crescita post-traumatica” nella quale si siano ristabilite le precedenti credenze in una nuova trama, sperimentando nuovi significati e nuove narrative di vita.
Riferimenti bibliografici[1]
BONANNO G.A., WORTMAN C.B., NESSE R.M, Prospective Patterns of Resilience and Maladjustment During Widowhood, Psychology and Aging, 19 (2), pp. 260-271, 2004.
BOWLBY, J., Attaccamento e perdita. Vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino, 1983.
HILLESUM E., Diario (1941-1943), Adelphi, Milano, 1996.
NEIMEYER R., Lessons of loss: A guide to coping, Brunner Routledge, New York, 2000.
[1] Un grazie sincero al dott. Primo Gelati, terapeuta familiare e psicologo presso l’hospice dell’ospedale di Legnano, a cui vanno i miei più sentiti e sinceri ringraziamenti per aver messo con passione la propria esperienza a disposizione.