Aggiornamento sulla Legge "Buona Scuola" con riferimento alla disabilità e all'integrazione
Febbraio 2017: da alcuni giorni si susseguono articoli e commenti in merito ai Decreti attuativi della legge 107/2015 “Buona Scuola”, in materia di inclusione scolastica, presentati il mese scorso: in teoria i decreti (legge n°107 del 15/7/2015 ) avrebbero dovuto essere emanati dal Governo entro il 16 gennaio 2017 (cioè entro un anno e mezzo dalla promulgazione della legge).
Il 14/1/2017 il nuovo Governo Gentiloni ha deciso di inviare alle commissioni parlamentari i testi degli schemi dei decreti delegati previsti dalla “buona scuola”: le Commissioni parlamentari VII e XII devono esprimere (entro la metà di marzo) i propri pareri rispetto ai testi dei decreti delegati che il Governo ha redatto.
Rimandiamo per chi volesse avere una visione più completa, direttamente dalle fonti originali, gli schemi dei seguenti decreti:
- decreto n° 378 sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità -
- decreto n° 377 sulla formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria,
- decreto n° 384 sulla valutazione degli alunni nel primo ciclo,
- decreto n° 380 sul nuovo sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni
- Memoria della FishMemoria della Fish, Federazione Italiana per il superamento dell’Handicap, presentate in audizione il 30 gennaio scorso.
In un successivo articolo alcune considerazioni metodologiche e psicologiche rispetto a tali proposte.
Inclusione o integrazione?
Prima però una riflessione più di carattere psicologico.
Nella legge si parla di inclusione. Da un punto di vista sistemico e connessionista, l'approccio in cui mi muovo, sarebbe più appropriato e auspicabile parlare di integrazione.
Non si tratta di una mera differenza lessicale, ma di un cambiamento di prospettiva.
Inclusione sembra lasciar intendere una prospettiva in cui gli alunni disabili, in quanto appartenente ad un gruppo minoritario (cioè potenzialmente passibile di discriminazioni, difficoltà peculiari che ne rendono problematico il seguire la "norma" di programmi, metodologia, attività e contenuti scolastici), possano "arrivare" al pari degli altri, godere degli stessi diritti (e doveri), delle stesse opportunità.
Tale visione però ha come implicito il fatto che il gruppo dominante (gli alunni non disabili) non sia coinvolto in un processo di inclusione: esso è appannaggio esclusivo degli alunni con disabilità.
In realtà si tratta di una prospettiva illusoria: come insegnava uno dei papà del pensiero sistemico nel 1968, Von Bertalanffy, ogni minimo mutamento in una parte del sistema, crea un cambiamento inevitabile in tutto il sistema.
Da un punto di vista sistemico, come ci ricorda Cecilia Edelstein, l’integrazione è un processo di cambiamento che intreccia vecchi e nuovi valori, abitudini, regole, norme e linguaggi di tutte le parti coinvolte (in questo caso: allievi con disabilità e senza, insegnanti, genitori..), in modo che emerga qualcosa di nuovo che non è né appartenente alla cultura di origine, né appartenente alla cultura di accoglienza. Si origina un intreccio nuovo e unico in cui si salvaguardano le differenze e si valorizzano gli origini.