Su Psicologo Melzo Psicologo Novate ci occupiamo ampiamente del tema del rapporto tra fratelli, anche nei casi in cui un fratello o una sorella siano disabili. Come visto in altri articoli del sito Psicologo Melzo Psicologo Novate, la relazione tra fratelli, nel momento in cui vi è una disabilità, assume caratteristiche peculiari, che non sono necessariamente negative:
abbiamo dedicato un articolo che spiega quali sono le risorse che possono derivare dall'essere fratello di una persona con disabilità, ma è anche vero che ci possono essere delle sfide e dei fattori di rischio specifici per la situazione.
L'obiettivo non è descrivere una situazione patologica, ma di indicare quali sono gli elementi e gli indizi da tener sotto controllo alcuni momenti evolutivi per poter prevenire l'insorgere di problemi, curando la relazione.
"Normalità" e invisibilità
Spesso una delle difficoltà maggiori per i fratelli di disabili è il sentirsi invisibili per colpa della loro "normalità", mentre i genitori rivolgono attenzioni e preoccupazioni sul figlio che ne ha maggiormente bisogno, ma proprio questa "normalità" può essere già un fattore di rischio, perché potrebbe portare a trascurare alcuni segnali di disagio o a leggerli in modo opposto.
Timidezza e chiusura sociale... o scelta?
Per esempio, alcuni fratelli di disabili, soprattutto con la preadolescenza, possono risultare piuttosto timidi, non desiderosi di uscire con amici e amiche. In letteratura, questi comportamenti sono dei campanelli d'allarme perché sintomo di una chiusura relazionale.
Dal nostro punto di vista, più che una chiusura relazionale, si tratta di una scelta relazionale, nella quale il fratello del disabile "sceglie" di rimanere più dentro la famiglia, escludendo quindi quella caratteristica spinta all'uscita di casa che inizia soprattutto con l'adolescenza (le formazioni delle compagnie, i primi amori...).
Non si tratta di scelte consapevoli, ma è come se emotivamente si sentisse la necessità di rimanere "in zona", tant'è che non raramente alcuni decidono di rimanere a vivere nei pressi della casa genitoriale nell'idea che "se succede qualcosa" possono velocemente arrivare ad aiutare il fratello o la sorella (anche nell'ottica del futuro, sul tema del "dopo-di noi"... che invece preferiamo ridefinire "oltre a noi", in un'idea di simultaneità, contemporaneità e interconnessione, ma di questo magari parleremo in un prossimo articolo).
Comportamenti problematici o visibilità?
A volte, questo senso di "invisibilità" che caratterizza i fratelli dei disabili, è un disagio che se non accolto può arrivare a sfociare in comportamenti provocatori (nella prima infanzia, quando i bambini hanno meno strumenti per comprendere e tollerare le frustrazioni, possono esserci forme di gelosia più imponenti), finalizzati a richiamare l'attenzione del genitore:
se il messaggio che passa è che la mamma o il papà sono presenti solo quando c'è un problema (che, nella fattispecie, è la salute o le difficoltà scolastiche del disabile), il bambino "normale" potrebbe imparare che per esser visto e considerato deve necessariamente combinare qualcosa di problematico per attirare su di sé le attenzioni. Anche questo non avviene attraverso una scelta razionale dei comportamenti da adottare, stiamo parlando di messaggi che si trasmettano ad un livello emotivo, e sono colti anche dai bambini molto piccoli, che possono manifestare sintomi quali ansia, enuresi notturna o diurna, insonnia.
Bambini troppo bravi (..ma per chi?)
Se seguite gli articoli di questo sito avrete certamente capito che per noi i bambini sono molto competenti relazionalmente già da prima di nascere il parto (lo sanno bene le mamme incinte a cui il feto comunica di non gradire la posizione che stanno tenendo a letto, dando dei colpetti che fanno girare la mamma):
i bambini sono cioè molto competenti nel cogliere le emozioni che regolano le regolazioni con e tra gli adulti, e sanno rispondervi in modo coerente.
Che cosa significa questo? Che spesso colgono il dolore dei genitori per le fatiche del fratellino con disabilità, per cui tenderanno ad esser bambini molto adattati (iper-adattati), non solo per non dare ulteriori preoccupazioni a mamma e papà, ma anche per un senso di riscatto di cui vogliono omaggiarli: si possono avere quindi bambini e ragazzi bravissimi a scuola, molto responsabili, a volte adultizzati, che "sembra molto più grande dell'età che ha" ..
Potrebbe sembrare che a noi psicologi non vada bene niente: se si comporta male è un disagio, se si comporta troppo bene è un problema... Attenzione, non stiamo dicendo questo e spiego subito il perchè:
Sicuramente per un genitore un figlio che si iper-adatta non è un problema, anzi, anche in termini di desiderabilità sociale è molto utile, e verrà incoraggiato a continuare nel suo rendimento.
Il problema, a nostro avviso, è quando il bambino si sta comportando in questo modo per cercare di rispondere ad un bisogno non suo, ma dei genitori.
Questo non riguarda solo la disabilità ovviamente: si pensi a quanti bambini ancora alle elementari pratichino in modo altamente agonistico alcuni sport, o studino in modo intenso alcuni strumenti musicali, magari tutti i pomeriggi per ore e ore: dove finisce il desiderio e la spinta motivazionale del genitore e inizia quella reale di un bambino?
Insuccessi scolastici... o non potersi permettere di stare bene?
Siccome tanto abbiamo oramai appurato che a noi psicologi spesso non va bene né una cosa né il suo contrario, sottolineiamo anche che a volte l'insuccesso scolastico è un altro elemento di disagio. Lo è in molti casi in generale, ma a noi, in questo articolo sulla psicologia dei fratelli di disabili, interessa sottolineare quale sia il significato psicologico e relazionale di questo comportamento: piò capitare che i fratelli di persone disabili vivano un profondo senso di colpa per la propria normalità, ed ogni successo nella vita può venire letto come un torto inflitto all'altro.
Come intervenire?
All'interno dell'associazione di genitori e persone con sindrome di Down in cui opero come psicologo dell'area adolescenti e adulti, insieme alle psicologhe dell'area piccoli e medi (coprendo quindi tutto l'arco dagli 0 agli –anta) abbiamo avviato un progetto per fratelli e sorelle di persone con la sindrome di Down, che credo però possa esser esteso a tutte le situazioni in cui dei bambini e ragazzi abbiano fratelli e sorelle con disabilità.
A mio modo di vedere, l'importante è offrire uno spazio ai fratelli senza disabilità in cui poter esprimere e condividere, con altri bambini e ragazzi che condividono la stessa situazione, le proprie emozioni, le proprie fatiche, i dubbi, le preoccupazioni, le gioie.
L'idea è di fare incontri di gruppo (omogenei per fasce di età) che rappresentino uno spazio gioioso di gioco, narrazione, di condivisione, di racconto e di riflessione in cui dare voce alla propria esperienza, nel modo più sereno possibile e senza un atteggiamento giudicante.
Penso sia molto importante ribadire anche che prendersi cura dei fratelli dei disabili significa prendersi cura di tutta la famiglia, mentre molto spesso ci si limita a "curare" la persona con disabilità, come se fosse sconnessa da una rete familiare e da una più ampia rete sociale.
Occorre fornire sostegno non solo con interventi e risorse molto concrete e pratiche (che sono comunque fondamentali), ma anche supportando la relazionalità, la comunicazione, di tutto il sistema familiare, non solo attraverso un aiuto psicologico che aiuti a leggere, affrontare e superare alcune situazioni critiche, ma anche attraverso la condivisione con altre famiglie.