Psicologo Melzo e Psicologo Novate si occupa in questo articolo del lutto definito "impossibile", la cui essenza è descrivibile da una frase di Genevieve Jurgensen, giornalista francese che ha visto morire le sue due figlie, di 4 e 7 anni, in un incidente stradale:
“…Che loro non impediscano a me di vivere, che io non impedisca a loro di morire”
Si tratta a mio avviso di una frase che ben descrive quella categoria di lutti definibili come “impossibili”, ovvero quei lutti che non sono necessariamente patologici, ma si connotano come impossibili da elaborare:
si tratta di perdite che intaccano il sé delle persone rimaste in modo totale e non si riescono ad integrare nella propria storia. Sono morti che non si riescono ad accettare, e capita più facilmente in caso di perdite multiple ravvicinate (si pensi alle due gemelline figlie della giornalista citata all’inizio, o a chi perde due genitori nell’arco di un brevissimo tempo, la perdita di un coniuge e di genitore..), oppure quando la relazione con la persona scomparsa è stata problematica: casi di rapporti genitori-figli aspramente conflittuali o congelati in lunghi silenzi di anni che, dopo la morte di una delle due parti in gioco, rimangono irrisolvibili per sempre.
Sono a rischio di lutti impossibili sia le persone che tendono a reprimere le proprie emozioni, i loro sentimenti e vissuti, sia le persone senza una rete sociale di contatti o di sostegno da cui possano esser aiutati nei periodi successivi la perdita.
A differenza di chi vive un lutto patologico, in questo caso non serve una terapia, ma casomai hanno senso l’ascolto e il sostegno.
Riferimenti bibliografici
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HILLESUM E., Diario (1941-1943), Adelphi, Milano, 1996.
NEIMEYER R., Lessons of loss: A guide to coping, Brunner Routledge, New York, 2000.
Un grazie sincero al dott. Primo Gelati, terapeuta familiare e psicologo presso l’hospice dell’ospedale di Legnano, a cui vanno i miei più sentiti e sinceri ringraziamenti per aver messo con passione la propria esperienza a disposizione.