Disabilità e sessualità

Tra possibilità, tabù e qualità della vita: sessualità e disabilità cognitiva

Le persone con disabilità, ed in particolar modo quella cognitiva, sono considerabili parte di un gruppo “minoritario”, ovvero individui che subiscono discriminazioni e sono state soggette a trattamenti ineguali o irregolari a causa delle proprie caratteristiche.

Mi rendo conto che questa affermazione possa risultare “stonata” alle orecchie di qualcuno, ma allo stato attuale, è palese quanto sia nel mondo dell’infanzia (le classi speciali, in qualche modo, sono sempre presenti in maniera prevalente) fino all’età adulta (perfino all’interno di inserimenti lavorativi formalmente corretti, con contratti a tempo indeterminato, dove però le persone con disabilità sembrano godere di una sorta di immunità relativamente ai propri comportamenti o senza aver mansioni precise), gli esempi non manchino.

Quando si parla di realizzazione dei diritti, assenza di “bisogni speciali”, di integrazione... significa considerare tutte le variabili di cui si compone il nostro vivere: occorre tenere presenti variabili di tipo sociale, culturale, economico, educativo, etico e psicologico.

Un tema, a tal proposito, mi sembra molto emblematico di alcune difficoltà: la sessualità. Penso che nessuno possa negare come si tratti di una dimensione fondante la natura umana: chi sceglie di rinunciarvi, lo fa per scelta e in nome di ideali (religiosi, per esempio) o si tratta di patologie (organiche o psicologiche, al punto che le diagnosi in tal senso non mancano). Rimarco una parola importante: “scelta”.

Pertanto, ogni intervento mirato all’acquisizione di un ruolo sociale e adulto da parte della persona con disabilità cognitiva non può prescindere alla realizzazione di un progetto di vita nel quale alla sessualità siano stati dati nel tempo spazi e modi per poter esser vissuta nel pieno delle possibilità. Sembra una dichiarazione scontata, ma i tabù e le difficoltà, su questa dimensione del vivere, sono molteplici, e talvolta sia i familiari che gli operatori non sembrano dare abbastanza importanza al fatto che una mancanza o un’inidonea attenzione, nel corso dello sviluppo, alle dimensioni dello sviluppo affettivo e sessuale non può che produrre un abbassamento importante del livello di qualità della vita.

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