Uno dei quesiti e delle preoccupazioni maggiori quando nasce un neonato è rappresentato dall'allattamento.
È grave non allattare al seno? Quanto allattare?
Sappiamo che la questione è molto dibattuto sia in ambito medico, con i pareri dei pediatri, e psicologico: in entrambi i mondi ci sono opinioni molto diverse e contrastanti.
In questo articolo di Psicologo Melzo e Psicologo Novate esprimiamo la nostra posizione, coerentemente con il nostro approccio sistemico-relazionale, dove in primo piano vi sono le connessioni tra le persone.
Allattamento a richiesta
In molti ospedali è ormai diffusa la pratica del rooming-in, ovvero la possibilità di tenere i neonati in camera con la madre, e di favorire l'immediato contatto tra i due subito dopo il parto, al fine di aumentarne la conoscenza e stimolare l'allattamento, per costruire la relazione madre-bambino.
Molto spesso vengono date indicazioni rispetto all'allattare ogni qualvolta il neonato pianga (allatamento a richiesta), anzi, bisognerebbe evitare di far arrivare il bambino al pianto, in quanto il pianto è un segnale tardivo di fame (prima ci sono segnali come l'estroflessione della lingua, lo schiocco, movimento estroflesso della testa).
Una delle ipotesi a sostegno di questa tesi è che assecondare il bambino non significhi viziarlo, ma renderlo più sicuro, perché rispondere sempre e prontamente ai suoi bisogni significa renderlo più sicuro
Alimentazione e relazione
Dal nostro punto di vista, la relazione madre bambino non deve essere costruita, in quanto il bambino è biologicamente predeterminato ad attivarla (lo stesso pianto è un comportamento finalizzato ad attivare la relazione con l'adulto).
Casomai bisognerebbe chiedersi che tipo di relazione si intende attivare.
Dal nostro punto di vista, e molti studi lo testimoniano, il bisogno primario del bambino non è l'alimentazione, ma la relazione, e questa non è limitabile solo alla nutrizione.
Ricerche nella psicologia.
Latte o coccole?
Uno psicologo di nome Harlow, prese dei cuccioli di scimmia e li mise in una stanza dove vi erano due scimmie finte: una era formata da una struttura metallica e da questa era possibile succhiare il latte, l'altra era ricoperto di pelo, ed era quindi calda e morbida, ma non forniva latte. Lo studio dimostrò che i cuccioli cercavano la "scimmia" metallica solo per ricever il latte, ma poi si accucciavano su quella di pelo, più accogliente e consolatoria (il calore, la morbidezza...). Non solo, quando i cuccioli venivano spaventati, correvano a cercare consolazione sulla scimmia di pelo, non da quella metallica.
Latte o conversazione?
Un altro psicologo, Schaffer, ha studiato sia bambini che altri mammiferi in situazioni di allattamento: quello che, tanto per rimanere a noi umani, emerge, è che quando il bambino viene attaccato al seno, la madre mette in atto dei comportamenti di stimolazione accudente (coccole, carezze, l'uso del "baby-talk", cioè il tono di voce che si usa coi neonati, che non colgono il significato delle parole, ma il tono della voce). Quando il bambino smette di succhiare, le mamme riprendono a stimolarlo.
Si nota quindi che l'alimentazione è anche un pretesto per conversare, un processo in cui anche il bambino è un attore attivo, dal momento che con la pausa attiva i comportamenti accudenti della madre.
Il bisogno primario dei bambini
Il bisogno primario del bambino quindi non è tanto la nutrizione, quanto l'accudimento e la relazione.
Allattare non è l'unico modo per entrare in contatto col bambino, perché anche con il latte artificiale è possibile toccare, parlare e accarezzare il bambino durante l'allattamento.
Inoltre, se il bambino impara che ad ogni suo segnale non attiva la madre, ma solo il seno della madre, si altera il rapporto ritmo-pausa alla base dei processi conversazionali e si rischia di saturare ogni richiesta del bambino con il cibo.
Un esempio di come una madre può creare problemi al bambino, senza volerlo ovviamente. Ad esempio, quando bambino ha sonno, non è immobile: si muove, apre anche gli occhi... se lo lasciamo stare, dorme, ma se la mamma interpreta questo come fase di svegliamento, lo alza, lo sveglia e gli dà da mangiare.... Se questa cosa viene reiterata, si altera tutto ritmo sonno veglia .
Il compito del genitore deve essere quello di imparare ad ascoltare il pianto ed i segnali del bambino: se sono troppo veloce a rispondere al bambino, non ascolto quanto mi sta dicendo e potrei rispondere in modo non adeguato.
Dal modo in cui si nutrono i bambini cambia il loro modo di stare al mondo?
No, non attraverso il modo di nutrire, ma dal modo di entrare in conversazione con loro:se la mamma, per esempio, è stressata dall'essere una brava allattatrice (più mio figlio mangia, più sono una brava mamma) questo altera la loro conversazione, perché lo iperstimolerà pensando di ottenere un miglior risultato, falsando il ritmo conversazione-pausa.
Lo stare in relazione con il mondo è un qualcosa che passa da infinita serie di stimoli: l'alimentazione non è lo scopo principale.
Del resto, ce lo insegnano anche gli animali che rifiutano il cibo quando sono tristi, come il cane che si lascia morire sulla tomba.