bambini e psicologia

Lavorando nello studio di psicologo a Melzo e Novate con famiglie e genitori di bambini di asili nidi, scuole materne ed elementari, mi sono spesso trovato ad affrontare la tematica della gelosia tra fratelli. In questi articoli cerchermo di approfondire questo sentimento che poi spesso ricompare anche nella vita adulta, capendone i motivi che ne stanno all'origine, come superarla e.. imparando che tutto sommato un po' di gelosia oltre che normale è anche necessaria.

Indicazioni per genitori di bambini che non ascoltano

Uno dei compiti dei genitori (a proposito di “che cosa vuol dire essere buoni genitori?” ) è educare verso forme di comportamenti non violenti.
Il primo ostacolo è evitare di incorrere in azioni violente o maltrattanti nei confronti dei figli, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Per azioni maltrattanti, dal punto di vista del significato del bambino, intendiamo anche urla, insulti (“sei stupido”), schiaffi.

Perchè urla e sculacciate non servono

Per molti genitori “qualche sculacciata a volte serve”: tale affermazione legittima un agito aggressivo di cui, presto o poi, il bambino si renderà attore nei nostri confronti e verrà quindi educato a non farlo attraverso una sculacciata più forte e sonora del genitore.
Il messaggio che al bambino arriva è: “ti picchio perché non si può picchiare”.
Capite che in questi termini la questione risulta abbastanza paradossale.

Vi è però poi l’idea che i confini generazionali legittimino alcune azioni da parte degli adulti, ma non dei bambini: è ovvio che alcune competenze debbano essere appannaggio degli adulti, ma giustificare un comportamento con il potere o con l’età, rischia di essere un pericolosissimo ingrediente per ribellioni adolescenziali.

Altre strategie

Tante ricerche psicologiche e pedagogiche hanno evidenziato come per modificare il comportamento dei bambini nel lungo periodo servono altre strategie.

Per esempio, decidere quali comportamenti sono ritenuti da incentivare, quelli ritenuti adeguati e quelli invece da censurare, condividendo con il figlio le proprie idee, aiuta a mantenere un dialogo aperto e ad aiutare il bambino a capire come mai a certe sue azioni corrisponderanno certi comportamenti dei genitori e non altri.

Nei prossimi articoli approfondiremo sia come mettere in pratica questi aspetti, sia come prima occorra che il genitore faccia un lavoro su se stesso per evitare che l’irrompere di proprie emozioni (rabbia, frustrazione, stress...) possa vanificare quanto pensato per e con il bambino.

Prima di chiudere però, due precisazioni:

  1. è importante che, soprattutto con bambini piccoli, le indicazioni dei genitori siano condivise. Questo è importante, ma in caso di genitori separati l’esperienza insegna che cercare di ottenere da parte dell’altro un allineamento sulle proprie posizioni è inutile e anzi, può provocare escalation conflittuali. In questi casi i bambini sono molto abili ad apprendere quanto si può fare in un contesto e che cosa fare o non fare nell’altra casa... non diversamente da quanto accade quando genitori anche felicemente sposati danno delle regole che poi dai nonni non vengono applicate: è inutile cercare di “controllare” il comportamento di altre persone, basterà aiutare il bambino a capire i diversi contesti ... accade anche nelle differenze tra quanto accade a scuola e a casa
  2. se un bambino piccolo (circa 2 anni, per dare un’idea), sul marciapiede scappa di mano e si lancia verso la strada... non è che ci si debba aspettare che il genitore lo richiami con calma e affronti il dialogo... SI tratta di una situazione di imminente o potenziale pericolo di vita, per cui che il genitore si spaventi, lo prenda strattonandolo per anticipare l’ingresso sulla sede stradale, la sculacciata sul sedere... sono interventi che si definirebbero “d’urgenza”, così come capita che per urgenza in medicina si debbano amputare arti, fare tracheotomie o altri interventi invalidanti in nome di una gravità o di un’emergenza.
    Diverso però è gestire nella stessa maniera un capriccio al supermercato; il rifiuto di andare a nanna o ogni altra situazione che non implichi un immediato pericolo

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