Viaggi, psicologia e coronavirus
Uno degli aspetti su cui l’emergenza sanitaria determinata dal coronavirus responsabile del Covid19 ha fin da subito avuto un primo riflesso è stato quello dei viaggi, oltre che, ancor prima, sulla psicologia e i comportamenti della vita quotidiana. Prima ancora che chiudessero le scuole in tutta la nazione, erano state sospese gite e uscite didattiche.
Sono state poi interrotte le uscite dalle proprie regioni, fino ad arrivare, a quelle dalle proprie case. “Io resto a casa”, #iorestoacasa, la campagna promossa dal Governo per sensibilizzare la psicologia e i comportamenti delle persone, nella prima ondata e col primo lockdown, è di fatto emblematica su come la dimensione del viaggio fosse la più antitetica a quanto in atto. Questo articolo su Coronavirus, viaggi e psicologia è scritto nei primissimi giorni del 2021, quindi a quasi un anno dall’arrivo del Coronavirus in Italia, con in mezzo la parentesi estiva che, in qualche modo, ha permesso un ritorno ai viaggi.
Come sarà il 2021 dal punto di vista dei viaggi?
Difficile dare una risposta, perché una delle conseguenze sulla psicologia comune derivata dal coronavirus è l’appresa impossibilità di pianificare a medio/lungo termine. Dipenderà molto da come la pandemia sarà arginata, in Italia, ma anche negli altri paesi d’Europa e del mondo. Uno degli apprendimenti che spero il Coronavirus abbia fatto maturare è proprio quanto la realtà sia tutta interconnessa simultaneamente, così come Gregoy Bateson insegnava
Ma proprio per questo motivo, è probabile che il coronavirus impatterà sulla nostra psicologia dei viaggi facendoci dirigere maggiormente sui lastminute.
Inoltre, il coronavirus ha contribuito ad aumentare i viaggi interni alla nostra nazione, in Italia. In parte è una scelta dovuta alle restrizioni legislative, ma anche perché da un punto di vista della psicologia, restare in Italia contribuisce ad aumentare senso di sicurezza e idea di aver un controllo maggiore della situazione, perché ci si muove entro abitudini e norme conosciute (poi, ovviamente, le immagini estive delle discoteche sulle spiagge e altre fanno capire come spesso ci sia più l’illusione della maggior tranquillità).
Sono aumentate anche le cosidette “staycation”, cioè vacanze trascorse non trasferendosi altrove, ma stando nei pressi della propria abitazione: pensate solamente alle vacanze natalizie e di inizio 2021, dove sono stati consentiti solamente spostamenti all’interno della propria regione.
Anche un altro tipo di vacanza è aumentata, e si tratta di un chiaro effetto del coronavirus sui viaggi, sia per la psicologia, ma anche per l’economia: le daycation, cioè vacanze giornaliere, magari anche tante giornate nell’arco della settimana o due di ferie, ma sempre tornando a pernottare a casa propria, senza appoggiarsi a strutture alberghiere o simili: in parte è un modo per non aumentare le spese, ma dal punto di vista della psicologia tale influenza sui viaggi è spiegabile con la paura di dormire in ambienti che non siano perfettamente igenizzati e quindi di esporsi a maggior contagio.
Sempre per evitare le possibilità di contagio, o di aumentare l’idea di controllo su tale elemento, un’altra conseguenza del coronavirus sui viaggi si è presentato nell’aumento di prenotazioni in montagna nell’estate 2020 rispetto ad altri anni, perché l’idea di stare in spazi aperti e isolati (non quindi sulla classica spiaggia presa d’assalto) è più protettiva.
Anhce lo smartworking, il cui impulso è un’altra conseguenza del coronavirus, ha comportato una modifica alla psicologia dei viaggi: tante persone hanno optato per prendere una casa o una stanza in affitto in zone turistiche per coniugare lavoro e turismo: si tratta di quel che in gergo psicologico è tradotto con fare di vincoli risorse?
Ps: per informazioni su sicurezza e viaggi, rinviamo al sito del ministero, cliccando qui