Dj Fabo, Eluana Englaro, Piergiorgio Welby: storie molto diverse ma con una base comune. L'analisi della vicenda da un punto di vista meramente psicologico
Dalla cronaca al dilemma
La recente morte di Fabiano Antoniani, più conosciuto come DJ Fabo, ha sollevato prepotentemente un'accesa discussione come si verificò anche per i casi di Giovanni Nuvoli, Piergiorgio Welby o Eluana Englaro, per citare solo alcune delle persone più nominate, accomunate dall'essere stato loro malgrado protagoniste di dibattiti rispetto al tema della scelta dell'interruzione della vita nei casi in cui questa sia in modo definitivo compromessa da motivazioni cliniche legate alle condizioni mediche (malattie terminali o molto gravi e che producono sofferenze insopportabili, ma mancano definizioni e limiti definiti.).
In realtà ognuna delle persone citate (Dj Fabo, Giovanni Nuvoli, Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro) ha una storia molto diversa dalle altre, che evidenzia caratteristiche e tematiche del tutto peculiari, a tratti anche discordanti: per esempio, lo stesso padre di Eluana Englaro, Beppino Englaro, ha più volte dichiarato come il caso di Dj Fabo sia molto diverso da quello di Eluana. Nello specifico, Beppino Englaro rimarca come nel caso di Dj Fabo si sia trattato di eutanasia (o, più correttamente, di suicidio assistito).
Alcune precisazioni terminologiche:
Suicidio assistito
si intende l'aiuto (dal punto di vista medico ed amministrativo) in favore di un soggetto che ha deciso di ricorrere al suicidio (ma non è evidentemente nelle condizioni di poterlo agire da un punto di vista delle capacità fisiche): è però il soggetto stesso a somministrarsi in modo autonomo, e ovviamente volontario, le sostanze che procureranno la morte..
Eutanasia
è l'atto di procurare in modo intenzionale la morte di una persona, stante le condizioni di (come si diceva prima) malattia terminale o altamente invalidante e con sofferenze insopportabili. Preciso ancora che le condizioni per cui è possibile ricorrere all'eutanasia (a chi si può somministrare e a chi no) devono essere regolamentate dalla legge dello stato in cui ci si trova, per cui è difficile fornirne una descrizione generale.
Disposizioni anticipate di trattamento (testamento biologico, biotestamento...)
le disposizioni anticipate di trattamento, o testamento biologico/biotestamento, riguardano le volontà che una persona in stato di lucidità mentale può fornire rispetto alle terapie di cui vuole fruire o di cui intende non avvalersi nel caso si trovasse in condizioni cliniche da non poter più esprimere il proprio consenso informato (per esempio in caso di lesioni cerebrali irreversibili)
Si tratta, in tutti e tre i casi, di percorsi che in Italia per il momento (marzo 2017) non sono regolamentati, ma per i quali sono stati presentati disegni di legge all’esame del Parlamento.
Ognuna di queste tre questioni comporta sia procedure diverse, sia differenti risvolti legali, che hanno come obiettivo quello di assicurare che ogni persona possa esser rispettata nelle proprie volontà relative al tema del "fine vita".
Un punto di vista psicologico
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Rilevanza dei temi sui social network
Psicologo Melzo e Psicologo Novate, come il nome esplicita, è un sito di psicologia, e da questo punto di vista analizza la situazione.
In primis, è stata altissima la risonanza che la vicenda di Dj Fabo ha avuto sui media, ma sopratutto sui social network: penso che quasi tutti abbiano avuto nella propria homepage, in quei giorni a ridosso della morte di Dj Fabo, numerosissimi post sulla questione, molti di voi saranno anche stati autori di post o ne hanno condiviso alcuni, chi schierandosi "pro" o "contro" tale scelta, o contro il vuoto legislativo, "pro" o "contro" schieramenti ideologici ed etici o contro l'inflazione di commenti sull'argomento solo in concomitanza di questi fatti, accusando poi l'indifferenza generale non appena la notizia non sia più di stretta attualità.
Si osserva quindi che il tema attiva un'attenzione molto diffusa in tantissime persone, e che porta alla divisione in fazioni rispetto all'essere "pro" o "contro" una determinata posizione.
Come mai?
Da un punto di vista psicologico la questione si relaziona con temi che sono altamente rilevanti nelle dinamiche psicologiche e relazionali di ogni giorno, come vedremo nel paragrafo successivo
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I temi psicologici rilevanti
Morte
Il tema della morte, del fine della vita e sulle modalità con cui questo può accadere (nonchè sul "quando") sono argomenti con cui più o meno consapevolmente ci si confronta tutti i giorni quasi (si pensi alle preoccupazioni per quando si hanno figli che sono in giro in motorino o in macchina, alla paura del terrorismo, alla questione sui vaccini per i bambini o per la paura per alcune patologie che in alcuni momenti storici sono più in auge -Hiv, meningite...).
Dolore e malattia
Non solo la morte, ma anche i temi del dolore e della malattia sono al centro di questo tipo di esperienze: anche una patologia come il dolore (perché così è classificata in ambito medico) vede diverse ideologie cercare di farla propria (dal punto di vista religioso, filosofico...) per darne interpretazione e quindi come utilizzarla.
Il tema del dolore e della malattia sono, come quello della morte, anch'essi molto presenti nelle preoccupazioni principali, come si può vedere anche dall'enfasi che ricevono da alcuni programmi televisivi (telefilm e documentari riguardanti la vita di bambini con diagnosi oncologiche, programmi con malattie rare e altre con patologie definite imbarazzanti...), ma sono anche il principale problema per chi non ha un contratto di lavoro tutelante, per le diagnosi prenatali e via dicendo.
La responsabilità
Ma oltre a questo c'è il tema della responsabilità, cioè di chi può decidere per sé, per gli altri, e di che deve poi eventualmente eseguire.
Il tema della responsabilità in materia di interruzione della vita è ovviamente molto complesso, ci sono differenze enormi nei diversi stati nazionali: si pensi a chi utilizza la pena di morte, a chi vieta l’aborto, ... sono differenze enormi, dal punto di vista della tematica e della casistica, ma come radice comune hanno il tema del “chi può decidere e per chi?” Il soggetto può decidere per sé? E come mai se uno ha le facoltà per compiere il gesto in autonomia (suicidio) per poterlo eseguire in condizioni di impossibilità fisica deve chiedere un permesso allo Stato? In tema di parallelismi e provocazioni, è simile alla genitorialità: chi non ha difficoltà nel generare figli può dare alla luce anche a tanti bambini pur non avendo un minimo di competenze genitoriali, ma se una coppia deve ricorrere a fecondazione medicalmente assistita o, ancor più, all’adozione, l’iter per ottenere un parere positivo è molto più lungo, complesso e per nulla scontato.
Il potere
Direttamente connesso al tema della responsabilità vi è quindi quello del potere: non solo “chi deve decidere?”, ma “chi ha il diritto di farlo?” Chi ha il potere di decidere per la vita o la morte altrui, ma anche per la propria?
Potere e controllo sono dimensioni strettamente collegate: l’autodeterminazione ed il libero arbitrio sono principi validi o devono sottostare a logiche religiose o legislative?
Quanto una persona può decidere per la propria vita?
Alla domanda si potrebbe rispondere solo dopo aver chiarito a quale idea di vita si faccia riferimento (biologica? Dimensione valida solo nei parametri del diretto interessato? Dono di un dio a cui non si può sottrarsi?).
Non è nostra intenzione entrare nel dibattito, ma solamente esplicitare quali pensieri e quali dimensioni psicologiche entrano in gioco in queste tematiche altamente drammatiche, ma che connettono dimensioni individuali, cognitive, emotive, sociologiche, culturali e relazionali.