Abbiamo dedicato su Psicologo Melzo e Psicologo Novate una sezione di articoli dedicati all'affrontare la morte, cioè al tema del lutto e dei suoi risvolti relazionali.
Nell'articolo "quanto tempo serve per superare un lutto" abbiamo fatto riferimento al fatto che solo l'11% delle persone sembra risolvere il proprio lutto secondo la modalità ritenuta più "diffusa" o "normale"...
Ora, evidentemente il dato che solo l'11% delle persone vive il lutto nella sua forma "classica" rende l'idea di come non sia una modalità così diffusa.
Anche sull'aggettivo "normale" avrei molto da dire: normale perché? Perché vivere un lutto in modo diverso è sbagliato? Non è sano? Normale per chi?
Comunque, è bene ricordare che la teoria classica del lutto (Kubler Ross, 1969) rimane un punto di riferimento (dal quale è possibile distanziarsi) per un primo approccio alla materia.
La teoria classica del lutto prevede che la sua elaborazione è un traguardo che passa dal superamento di diverse fasi:
- FASE DELLA NEGAZIONE (O DEL RIFIUTO). È la prima fase che si incontra, un periodo in cui la persona tende a negare e rifiutare l'idea che ci sia stata una perdita (ma anche ricevere una diagnosi medica infausta o altre notizie profondamente negative). "non è possibile", "non è vero".. non ci si riesce a rendere conto di quanto sta succedendo.
- FASE DELLA RABBIA. Più la consapevolezza aumenta, più si manifestano emozioni di rabbia e intensa paura, smarrimento. Possono essere momenti in cui sfocia un'aggressività intensa anche nei confronti di amici, parenti, elementi terzi (Dio, destino.. sistema..).
- FASE DELLA CONTRATTAZIONE E DEL PATTEGGIAMENTO. Si inizia a pensare a presente e futuro con la consapevolezza che saranno senza la persona che si è persa, ma che comunque occorre andare avanti, con speranza.
- FASE DELLA DEPRESSIONE. La consapevolezza della perdita è sempre più radicata e prevale sulla progettualità, gli aspetti più deprimenti sembrano avere la meglio sul resto e la sofferenza può essere molto intensa.
- FASE DELL'ACCETTAZIONE. È la fase che se raggiunta caratterizza l'elaborazione del lutto, ovvero la capacità di integrare la perdita all'interno della propria vita. Ovviamente non significa non provare più dolore (rimandiamo all'articolo su "l'ironia del lutto" per approfondire questa parte), ma poter proseguire nei propri progetti di vita.
Come spesso accade per teorie che prevedono delle fasi da superare, c'è il rischio che chi segue un percorso diverso venga etichettato come patologico o comunque "sbagliato".
Il lutto è stato ulteriormente patologicizzzato con la sua inclusione nella quinta edizione (2014) del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V).
Chi scrive è fortemente contrario a tale presa di posizione (si veda l'articolo "il diritto della tristezza" pubblicato proprio su Psicologo Melzo e Psicologo Novate.
Nei nostri casi, il primo lavoro che facciamo con chi richiede una consulenza per un problema legato ad un lutto è proprio valutare se l'inizio di un percorso psicologico sia utile o possa essere inutile o dannoso perchè rende problematico un aspetto normale del vivere, quale la sofferenza per una perdita.(per approfondimenti: l'intervento psicologico in caso di lutto)
Kubler-Ross E., La morte e il morire, Assisi, Cittadella Editrice, 2005 13 ed.