Lavorando nello studio di psicologo a Melzo e Novate con famiglie e genitori di bambini di asili nidi, scuole materne ed elementari, mi sono spesso trovato ad affrontare la tematica della gelosia tra fratelli. In questi articoli cerchermo di approfondire questo sentimento che poi spesso ricompare anche nella vita adulta, capendone i motivi che ne stanno all'origine, come superarla e.. imparando che tutto sommato un po' di gelosia oltre che normale è anche necessaria.
Il termine infante significa "senza linguaggio": la scelta di chiamare così i cuccioli d'uomo è interessante perché spiega come i bambini fossero considerati nei decenni passati, cioè come persone incomplete, mancanti di qualcosa, insufficientemente strumentati per relazionarsi con gli adulti.
In realtà i bambini sono molto competenti relazionalmente e possiamo dire che fin da prima di nascere sono già in grado di "comunicare"
Se per comunicazione intendiamo la capacità di influenzare il comportamento dell'altro, è possibile considerare tali anche i movimento che il feto compie quando la mamma assume una posizione a lui scomoda (per esempio, a pancia in giù), dando dei colpetti che portano la mamma a cambiare posizione.
Allo stesso modo, anche la mamma comunica già col proprio figlio mentre è in gravidanza, accarezzandosi la pancia, parlando, attribuendo emozioni ed intenzioni ai movimenti del bambino ("si muove perché è contento"... "perché gli piace la musica"... "vuole che mi muova")
Un neonato nasce che è già in grado di comunicare, per esempio, il pianto è il canale espressivo privilegiato. Più generalmente, possiamo dire che la capacità di comunicare è espressione della caratteristica conversazionale della mente: fin dalla nascita la nostra mente è biologicamente predeterminata per cogliere la capacità di creare e gestire relazioni. I bambini fin da subito prestano più attenzione al volto e al movimento delle persone rispetto a figure che non assomigliano ad esseri umani.
Anche l'allattamento (al seno o artificiale non fa differenza su questo punto) diventa un'attività conversazionale tra madre e bambino, che si basa sull'alternanza del ritmo conversazionale attività-pausa (per approfondimenti, cliccare qui).
Fin da neonati quindi i bambini comunicano: coi loro comportamenti influenzano il comportamento adulto, seppur in modo inconsapevole: nei primissimi mesi ad esempio il pianto ed il sorriso sono segnali spontanei, ma non intenzionali. Gli adulti però danno risposte adeguate ai comportamenti del neonato, attribuendo a loro un significato (cercare di dare sollievo al bambino se piange o rispondendo con gesti e sorrisi affettuosi in caso di un suo sorriso).
Queste risposte degli adulti, congruenti con i comportamenti del bambino, sono fondamentali perché permettono al piccolo di imparare che i propri segnali influenzano il comportamento dell'interlocutore: col tempo quindi i segnali del bambino diverranno sempre più intenzionali
Parlare al proprio bambino ed interagire continuamente con lui, rispettando il ritmo attività – pausa in modo da lasciar al piccolo la possibilità di esprimersi ed imparare l'alternanza dei turni conversazionali, favorisce il corretto sviluppo delle abilità comunicative e del linguaggio.
In un altro articolo approfondiremo le fasi di sviluppo del linguaggio, mentre dedicheremo un ulteriore articolo al ruolo degli adulti nel favorire lo sviluppo del linguaggio.