L'impatto dei social network è sempre più massiccio nella nostra società, e assume un ruolo importante nella nostra vita sociale e relazionale, al punto che non raramente diventano oggetto di conversazione nelle sedute di psicologia e psicoterapia con le persone che incontriamo a Novate, Melzo e Milano
Gli psicologi psicoterapeuti del sito Psicologo Melzo condividono una linea antipsichiatrica, nell'idea che le diagnosi siano più utili ad etichettare che a guarire, e contrastano l'attuale tendenza psichiatrica a rendere depressione la tristezza comune, creando problemi laddove non ve ne siano.
Sulla rivista Technology and Society è stato pubblicata una ricerca condotta presso l’Università del Missouri: i dati emersi hanno permesso di evidenziare alcune correlazioni tra il comportamento in internet e la presenza di uno stato depressivo.
Lo studio è stato condotto su un campione di 216 studenti, dei quali circa un terzo ha sviluppato nel corso del tempo una sintomatologia depressiva. Sembra che i ragazzi che poi hanno sofferto di depressione, avevano già dimostrato dei campanelli d’allarme nel loro modo di navigare in rete: ma quali sono i comportamenti che in internet sembrano predire lo sviluppo di una possibile depressione?
Sembra che questi ragazzi abbiano una navigazione più casuale, in cui cioè si aprono più pagine web contemporaneamente, chattano in modo maggiore, utilizzano più frequentemente programmi di file-sharing, ma soprattutto hanno un cambio di applicazioni e pagine web molto più alto rispetto ad altri utenti. Questo comportamento sarebbe indice di una minore capacità di mantenere l’attenzione, che è uno dei sintomi più comuni tra le persone che soffrono di depressione.
Partendo dal presupposto che i comportamenti che abbiamo in rete riflettano spesso la nostra personalità, i ricercatori hanno ipotizzato che internet possa essere un rilevatore delle sofferenze, un rilevatore “oggettivo”, che possa dare oggettività alle diagnosi psicologiche. La soluzione ideale, a partire da queste premesse, sarebbe quella di elaborare un software che possa monitorare lo possibile sviluppo di uno stato depressivo fin da si suoi primi segnali d’allarme.
Sriram Chellappan, coordinatore della ricerca, sostiene l’utilità di questo software perchè renderebbe possibile una diagnosi precoce e un intervento immediato, tramite l’output di consigli e indicazioni per la persona in questione.
Qualcuno ha sollevato perplessità perché ci sarebbe una violazione della privacy, anche perché un software del genere, indirettamente potrebbe esser utilizzato per fini molto più commerciali. I social network potrebbero servirsene per evitare i rischi di comportamenti negativi, stabilendo una vicinanza emotiva con gli utenti.. Allo scopo di fidelizzarli ovviamente.
Da un punto di vista più psicologico, diffido di questo possibile software: mi sembra molto lineare e semplicistico poter prevedere l’inizio di una depressione a partire da comportamenti che potrebbero avere molte altre spiegazioni, non necessariamente di natura patologica! Soprattutto, mi sembra un tentativo che, seppur con la buona intenzione di prevenire prima di curare, possa aver l’effetto opposto, cioè di creare un problema laddove questo non ci sia.
Non posso non collegare questo programma al movimento più ampio che cerca di includere nella depressione comportamenti che non sono patologici (come già scritto in un altro articolo), ma che rischiano di diventarlo se vengono poi trattati come tali.