Quella gelosia che tarda ad andar via

Quella gelosia che non tarda ad andare via: una testimonianza

-...le feste sono sempre state delle spine: momenti brevi, ma definiti, pungenti. Dolorosi-. Raffaella si interrompe, prende un fazzolettino con cui tampona gli occhi, diventati lucidi. -..Penso alla festa di Natale nell’associazione che Claudia frequenta fin da piccola o quelle delle squadre sportive di cui era parte. Ero sempre obbligata ad andarci. Il peggio era quando coincidevano con le mie di feste, a scuola, alla pallavolo, o ai compleanni di amici, o non potevo uscire con gli amici o i ragazzi per partecipare alle feste di Claudia. Per papà e soprattutto mamma era fondamentale partecipassimo tutti: “Per Claudia è importante!” oppure “Tu hai altre occasioni, che cosa ti costa per una volta?”-
Raffaella, quasi 30 anni, è una giovane donna, avvocato in carriera. La incontro nel mio studio per un percorso di psicoterapia avviato per un momento di difficoltà personale: la nascita della figlia, avvenuta due anni prima del nostro incontro, ha creato un terremoto nel legame con sua sorella Claudia, 28enne con sindrome di Down, e coi genitori. Claudia è entrata in crisi con la gravidanza di Raffaella, rifiutando di vedere la nipote e gelosa perché riteneva che i propri genitori dedicassero più tempo. “…e i miei genitori, ancora una volta, nell’idea di non fare soffrire Claudia, stanno alla larga da me e da mia figlia”. Gelosia, dolore, rabbia, esclusione: questo contengono le lacrime di Raffaella, che racconta come tutto quello che il tempo pareva aver sopito, sia riemerso da quando si è sposata: “Durante il mio matrimonio, Claudia si è comportata in modo bizzarro in chiesa. Non sembrava nemmeno lei. È brutto dirlo, ma mi sono vergognata. Ancora. Non mi capitava da anni. Ricordo quando avevamo 14 anni io e 12 lei, tornavamo a piedi dal corso di teatro: non aveva voluto né cambiarsi, né struccarsi; siam passate dal centro storico, era come andare in giro con un riflettore puntato addosso, la guardavano tutti, c’erano i ragazzi più grandi che conoscevo di vista e incontravo a scuola o in giro. Ridevano: Claudia era lo zimbello di tutti, e io la sorella dello zimbello. Due zimbelli.

Il racconto di Raffaella è rappresentativo di alcuni vissuti ricorrenti nei sibling (termine usato per indicare persone che hanno fratelli o sorelli con disabilità cognitiva): vergogna (specie nella tarda infanzia e in adolescenza), senso d’invisibilità nei propri bisogni perché “ha più bisogno tuo fratello”, cui spesso si accompagna senso di colpa (per essere quelli “normali”, o per provare emozioni anche negative). La storia di Raffaella ci insegna quanto sia tutto più difficile quando i genitori non hanno elaborato bene la disabilità del figlio (assecondano Claudia e non vanno dalla nipotina).
Il percorso di psicoterapia con Raffaella è stato breve e positivo, perchè una donna con molte risorse, empatica, matura e determinata: anche queste sono caratteristiche che si possono trovare nei sibling. Sono risorse che maturano in queste condizioni caratterizzate da sfide evolutive più complesse, che lasciano in eredità una grande capacità di resilienza (talvolta i percorsi di psicoterapia aiutano a far emergere questi aspetti).
Raffaella ha un’ottima capacità di fronteggiare le situazioni, ma i genitori in primis possono aiutare i figli a elaborare positivamente la realtà, ad esempio dedicare del tempo esclusivo anche al sibling, aiutarlo a esprimere e legittimare le emozioni (anche quelle più “negative” o ambivalenti) spiegare la situazione e quanto accade, lasciare spazi di autonomia senza promuovere una “simbiosi” tra i fratelli.
Ritengo fondamentale sottolineare come avere fratelli con disabilità cognitiva non sia una condizione psicopatologica. Lo psicologo può lavorare con i genitori per sostenerli nella genitorialità, alla luce delle specificità che la situazione rende necessarie affrontare, così anche come per sibling può essere utile un lavoro in gruppo con altri sibling per condividere esperienze e confrontarsi tra di loro, come promuoviamo a Milano presso AGPD, Associazione di Genitori e Persone con Sindrome di Down in diverse fasce di età, dalla prima infanzia all’età adulta.

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