I problemi dei bambini: di chi la colpa?
In un precedente articolo pubblicato su Psicologo Melzo e Psicologo Novate abbiamo descritto il nostro punto di vista sui bambini e sulle loro caratteristiche per poterli comprendere e aiutare quando insorgono delle difficoltà e dei problemi.
Troppo spesso la psicologia in passato si è accanita contro i genitori, e in particolar modo le madri, come cause dei problemi dei figli
Non meno diffusa è la tendenza a far coincidere i comportamenti problematici dei bambini con il bambino, per cui un bambino che presenta un problema diviene il problema, lo si considera sbagliato, deficitario, rotto, e spesso si procede con percorsi di psicoterapia individuali con bambini (e, purtroppo, sempre meno raramente anche con psicofarmaci ai bambini), con l'effetto di renderli dei piccoli pazienti che al primo comportamento ribelle in adolescenza, anziché esser considerati come semplici adolescenti, verranno etichettati subito alla luce del problema osservato durante l'infanzia.
Psicologo e genitori
In quanto psicologi e psicoterapeuti sistemico-relazionali non condividiamo l'idea che esistano bambini sbagliati, bambini rotti o problematici.
Riprendendo le premesse su bambini e psicologia, essendo i bambini fortemente dipendenti dagli adulti che li accudiscono, non si può conoscere un bambino senza considerare le relazioni del bambino con gli adulti che compongono la sua vita e senza considerare le relazioni esistenti tra questi adulti: non ci interessano solo la relazione tra il bambino e la mamma, il papà o la nonna, ma anche la relazione tra i due genitori, tra il singolo genitore e i propri o con i suoceri... (Gandolfi & Martinelli ,2008)
L'idea da cui come psicologi e psicoterapeuti partiamo è che i comportamenti preoccupanti di un bambino siano in realtà un tentativo di risolvere un problema che si è costruito nel tempo in un sistema familiare più ampio e di cui gli adulti (genitori e nonni) sono inconsapevolmente coinvolti.
Ovviamente, il comportamento del bambino è un tentativo di soluzione che crea problemi, e per questo va affrontato e risolto.
A costo di esser ripetitivi, una doverosa e fondamentale precisazione: non pensiamo che i comportamenti problematici dei bambini derivino da colpe o mancanze genitoriali o dei nonni
Dal nostro punto di vista, è necessario comprendere il contesto familiare del bambino per capire quali significati e quali relazioni siano più salienti, perché è l'unico modo per comprendere come il bambino si costruisca idee e ipotesi che lo aiutino a dare un senso alla propria realtà.
Per risolvere il comportamento problematico, occorre capire come quel bambino si sia costruito le proprie teorie sugli adulti che vivono con lui e sulle loro relazioni, quali significati il bambino attribuisca agli eventi e alle relazioni nella sua famiglia, perché da questi significati si ricava il senso dei comportamenti del bambino.
Ad esempio, nel caso di separazioni conflittuali, il bambino si trova spesso in una situazione di indecibilità perché è come se si chiedesse "come faccio a voler bene contemporaneamente sia alla mamma che al papà se litigano sempre?"
Un'altra situazione in cui ci imbattiamo frequentemente è quando la coppia genitoriale, o almeno uno dei due, risulta ancora molto più nella posizione di "figlio" che di genitore, per cui vi è la presenza di nonni che in realtà sono più dei super-genitori ai quali i genitori del bambino obbediscono ancora. In questo caso, visto con gli occhi del bambino, il dilemma diventa "come faccio a obbedire al papà se la nonna lo comanda?" (e il bambino imparerà in fretta che la nonna considera il papà un incapace... E quindi, chi obbedisce a un incapace?)
Per chi volesse approfondire la questione, consigliamo la lettura del testo "il bambino nella terapia", di Miriam Gandolfi e Francesco Martinelli (2008).
L'intervento psicologico con i bambini
Da parte dello psicologo e dello psicoterapeuta, conoscere il contesto familiare è necessario perché il bambino, con i suoi comportamenti (e non solo quelli problematici), porta alla luce le modalità relazionali e conversazionali della sua famiglia (Gandolfi e Martinelli, 2008), e attraverso il lavoro coi genitori sarà possibile aiutare il bambino a modificare i propri comportamenti.
Per arrivare a questo scopo, proponiamo a chi ci contatta per problemi di figli con un'età compresa tra i 18 mesi e i 10 anni questo tipo di consulenza, proposto generalmente da:
- Una o due sedute di consulenza con i genitori.
- Una seduta di gioco familiare con tutta la famiglia (che verrà videoregistrata)
- Una seduta di revisione della seduta precedente con i genitori, nella quale esporremo la nostra ipotesi e proporremo la nostra proposta di intervento o, eventualmente, la conclusione della consulenza.
Questo schema è un'indicazione generale che può esser modificata in base alle caratteristiche specifiche della situazione (per esempio, in caso di genitori separati o di famiglie ricomposte) sulla base delle quali decideremo le modalità di convocazione della prima seduta.
Per questo motivo abbiamo come abitudine di fissare il primo incontro attraverso una telefonata abbastanza approfondita che non è finalizzata solamente a trovare solo una data.
Approfondimenti bibliografici:
Gandolfi, Martinelli (2008). Il bambino nella terapia. Approccio integrato alla diagnosi e al trattamento con la famiglia. Trento:Erickson
Gandolfi, Marsibilio (2013). L'invenzione dell'infanzia. Rai Sender Bozen.