Happy family: una metafora del lavoro del psicoterapeuta
Ho trovato Happy Family divertente e piacevole, ma tutt’altro che banale.
L’elemento di maggior interese è il modo in cui il regista gioca con intrecci di livelli diversi a livello di mezzi comunicativi, di ruolo dei personaggi sui piani della narrazione e dell’interazione tra loro e con lo spettatore (gioco non nuovo in Salvatores, come nel film “Nirvana”).
Questo gioco è una bella metafora del lavoro che come psicologo e psicoterapeuta mi trovo a fare con le persone che incontro, con le loro storie e le loro famiglie.
Ma altri elementi accomunano Happy Family al lavoro dello psicologo in psicoterapia, soprattutto nel nostro approccio sistemico relazionale.
Un altro elemento che rende il film metafora del lavoro dello psicologo è per esempio il modo in cui i personaggi di Salvatores ricercano il cambiamento, tra i tanti vincoli, le molteplici perplessità e paure.
La cena in cui le famiglie dei due ragazzini promessi sposi evidenzia come ogni famiglia sia proprio un mondo, anzi, un universo, a sé: le differenze, gli stili di vita, i valori tra le due famiglie sono evidentemente diversi, apparentemente anche in contrasto, e questa ricchezza di differenze è ciò che più caratterizza il mio lavoro con le famiglie.
Lavorare con le persone che si susseguono negli incontri è come viaggiare per paesi diversi e molto lontani: temi, valori, emozioni, stili di vita che in alcune famiglie sono normali, in altre sono totalmente estranei. Ci sono famiglie in cui ci si strugge per valori che per in altre sono totalmente estranei o insignificanti.
Tornando al film, le differenze tra le famiglie portano una notevole carica umoristica (seppur non ai livelli di “Ti presento i miei” e “Mi presenti i tuoi?” con Ben Stiller e Robert De Niro), ma evidenzia anche come le differenze generino prudenze e aumentino l’istinto conservativo del sistema familiare.
Uno dei messaggi più potenti e importanti di Happy Family è che non esiste un modo giusto per essere felice, non esiste la famiglia felice, ma esistono tanti modi per essere delle famiglie e, prima ancora, delle persone felici.
Diversità e felicità possono fare rima veramente, l’incontro tra diversità può generare felicità: ad esempio, l’autore della storia in cui i personaggi vivono (e a cui danno vita), una volta terminato il proprio lavoro incontra una vicina di casa che gli propone di fare un giro in città… la timidezza, o la prudenza o la rigidità di lui cercano una scusa..
- “e se piove?”
- “Ci bagniamo… però poi poterebbe venire caldo”.
Come dire, la vita è più semplice dei pensieri e delle invenzioni con cui la complichiamo, sembra voler dire la ragazza al nostro protagonista…
Il cambiamento in questo caso arriva così, grazie alle emozioni, che, anche nel nostro lavoro così come nella vita sono l’ago della bussola che orientano il nostro agire.