Lavorando nello studio di psicologo a Melzo e Novate con famiglie e genitori di bambini di asili nidi, scuole materne ed elementari, mi sono spesso trovato ad affrontare la tematica della gelosia tra fratelli. In questi articoli cerchermo di approfondire questo sentimento che poi spesso ricompare anche nella vita adulta, capendone i motivi che ne stanno all'origine, come superarla e.. imparando che tutto sommato un po' di gelosia oltre che normale è anche necessaria.
Un famoso libro dal titolo “I no che aiutano a crescere” sottolinea l’importanza del sapere dire di “no” ai propri figli, in quanto l’essere genitori significa anche essere capaci di porsi come contenitivi rispetto ad alcuni bisogni dei bambini.
Dire “no” non significa essere cattivi o rendersi fonte di dispiacere, ma implica la capacità di poter offrire un contenimento e far apprendere la presenza di limiti (funzionali) all'esperienza.
Come sempre, ad essere centrale non è solo il contenuto dell’intervento educativo, ma il modo in cui lo si agisce.
I “no” non dovrebbero essere mai “aprioristici”, cioè “no perché no”; “è no perché lo dico io”, “se è no è no”… diventano spiegazioni che non aiutano a capire e al contempo passano un messaggio di uso del potere come unica caratteristica della relazione genitore-figlio, con l’inevitabile conseguenza che i figli apprendano subito come ripagarci con la stessa moneta.
La differenza tra alternative e marasma
Molto diverso è chiedere con quale di questi due condimenti voglia la pasta dal domandare “che cosa vuoi mangiare a pranzo?” Quest’ultima domanda è infatti di tipo “aperta”, rischia di essere troppo difficile da gestire perché poi ci pone nella posizione di incoerenti se il bambino chiede qualcosa che non possiamo o non riteniamo utile cucinare
Esempio:
- Genitore: Che cosa vuoi mangiare?
- Bambino: La polenta
- Genitore: Eh ma fa caldo, siamo in estate, non ho la polenta
- Bambino: …allora la cotoletta!
- Genitore: NO, abbiamo già mangiato oggi la carne..
Il messaggio che arriva al bambino è: “mi chiedono di scegliere, ma poi non posso farlo: quello che mi dicono non è attedibile”.
Idem vale per domande come “che cosa vuoi fare oggi?”, molto diverso dal precedente “preferisci fare un disegno o giocare con le costruzioni?” “Andiamo in piscina o a fare un giro in bicicletta?”