bambini e psicologia

Lavorando nello studio di psicologo a Melzo e Novate con famiglie e genitori di bambini di asili nidi, scuole materne ed elementari, mi sono spesso trovato ad affrontare la tematica della gelosia tra fratelli. In questi articoli cerchermo di approfondire questo sentimento che poi spesso ricompare anche nella vita adulta, capendone i motivi che ne stanno all'origine, come superarla e.. imparando che tutto sommato un po' di gelosia oltre che normale è anche necessaria.

Come dire un "NO" rendendolo occasione di apertura anziché di chiusura?

Un famoso libro dal titolo “I no che aiutano a crescere” sottolinea l’importanza del sapere dire di “no” ai propri figli, in quanto l’essere genitori significa anche essere capaci di porsi come contenitivi rispetto ad alcuni bisogni dei bambini.

Dire “no” non significa essere cattivi o rendersi fonte di dispiacere, ma implica la capacità di poter offrire un contenimento e far apprendere la presenza di limiti (funzionali) all'esperienza.

Come sempre, ad essere centrale non è solo il contenuto dell’intervento educativo, ma il modo in cui lo si agisce.

Come non dire "NO"

I “no” non dovrebbero essere mai “aprioristici”, cioè “no perché no”; “è no perché lo dico io”, “se è no è no”… diventano spiegazioni che non aiutano a capire e al contempo passano un messaggio di uso del potere come unica caratteristica della relazione genitore-figlio, con l’inevitabile conseguenza che i figli apprendano subito come ripagarci con la stessa moneta.

Come dire dei "NO" più costruttivi

  • Per rendere i nostri “no” più efficienti, bisogna imparare ad usare e valorizzare anche i “sì”, non solo su richieste esplicite.
    Per esempio, si possono valorizzare alcuni comportamenti positivi concedendo attività piacevoli, che non devono essere solo concrete o materiali, ma anche relazionali.
  • Un’altra indicazione utile è quella di proporre delle alternative all'attività per cui si dice un “No”.
    Per esempio, davanti alla richiesta  “posso guardare la televisione?”, si può rispondere “no, ma se ti va possiamo (o puoi) fare un disegno o giocare con le costruzioni”.

  • Ovviamente sono ben consapevole che non sempre l’alternativa proposta scateni l’entusiasmo incondizionato che faccia dimenticare il televisore, ma rendere abituale questo modo di rispondere fa sentire più accolti ed il nostro “no” può, anziché chiudere la richiesta ed esaurire la conversazione (salvo escalation conflittuali), essere un ponte per costruire nuovi momenti. Per esempio, se al no alla proposta del disegno o delle costruzioni segue un rifiuto da parte del bambino, si può dire: “allora sei proprio stanco se non hai voglia di fare nulla, hai giocato tanto all'asilo? Hai corso tanto al parchetto? Ti leggo un libro?” 

  • Ovviamente, le risposte del genitore dovrebbero esser coerenti coi motivi per cui il genitore ritiene poco utile che il figlio guardi la televisione, sia per rispondere a dirette domande del bambino sui motivi del no, sia per non proporre soluzioni incoerenti (per esempio guardare video su youtube dal cellulare del genitore).

  • Il principio dell’alternativa può e dovrebbe essere allargato anche a prescindere dalle richieste del bambino, soprattutto quando questi è più grande. Per esempio, se una giornata piovosa rende inevitabile lo stare in casa, si può dire: “Con tutta questa pioggia non si può andare al parco a giocare, preferisci fare un disegno o giocare con le costruzioni?” 
    O anche: “Senti, preferisci mangiare la pasta col pomodoro o la pasta al pesto?” Anche in questo caso si propone al bambino la possibilità di compiere una scelta, ma all'interno di una gamma di possibilità (due) scelte dal genitore.

La differenza tra alternative e marasma

Molto diverso è chiedere con quale di questi due condimenti voglia la pasta dal domandare “che cosa vuoi mangiare a pranzo?” Quest’ultima domanda è infatti di tipo “aperta”, rischia di essere troppo difficile da gestire perché poi ci pone nella posizione di incoerenti se il bambino chiede qualcosa che non possiamo o non riteniamo utile cucinare

Esempio:
- Genitore: Che cosa vuoi mangiare?
- Bambino: La polenta
- Genitore: Eh ma fa caldo, siamo in estate, non ho la polenta
- Bambino: …allora la cotoletta!
- Genitore: NO, abbiamo già mangiato oggi la carne..

Il messaggio che arriva al bambino è: “mi chiedono di scegliere, ma poi non posso farlo: quello che mi dicono non è attedibile”.
Idem vale per domande come “che cosa vuoi fare oggi?”, molto diverso dal precedente “preferisci fare un disegno o giocare con le costruzioni?” “Andiamo in piscina o a fare un giro in bicicletta?

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