Un padre, una figlia

Un film su dilemmi valoriali e questioni relazionali

Film del 2016 del regista rumeno Cristian Mungiu: come sempre è necessario un minimo riferimento alla trama, sempre senza rivelare nulla che possa rovinare attese e sorprese a chi dovesse ancora guardarlo.
Tra parentesi, a proposito di sorprese e attese, c’è da dire che il trailer del film è decisamente fuorviante, con un montaggio delle scene che lo fanno sembrare molto più d’azione e molto più thriller di come realmente il film è. Alcune scene, per come montate nella sequenza e nelle successioni del trailer, sono molto diverse in termini di impatto emotivo e di sceneggiatura una volta che si riconoscono nel film.

Detto questo, il film è ambientato in Romania, dove una ragazza prossima alla maturità subisce un’aggressione fuori da scuola che rischia di pregiudicare lo svolgimento degli esami e, soprattutto, la possibilità di vincere la borsa di studio per frequentare una prestigiosa università inglese, da anni vero e proprio obiettivo del padre, rispettato medico che esercita la propria professione in ospedale.
Più che un obiettivo, il disegno del padre per la figlia sembra esser diventata una vera e ossessione, animata dalle buone intenzioni del medico, desideroso di dare alla figlia l’opportunità di un futuro migliore fuori dal proprio paese, corrotto e troppo alla mercé della delinquenza.Quando con l’aggressione il progetto rischia di non concretizzarsi, si scombinano i piani valoriali ed emergono alcuni nodi relazionali e familiari.

Alcune considerazioni di carattere psicologico e relazionale

  • Per certi versi, la presenza di dilemmi morali legati al contrasto tra i propri sistemi valoriali e l’opportunità di aiutare in tutti i modi i propri figli, ricorda un altro film recensito su Psicologo Melzo e Psicologo Novate: “I NOSTRI RAGAZZI” (2014, De Matteo).
  • Il titolo oscura troppo la presenza della madre, che pare assente. La figura della madre, sebbene appaia molto sotto tono, ha invece un ruolo determinante nelle dinamiche tra padre e figlia, ed è interessante analizzare le relazioni che si creano in famiglia in termini di alleanze e spostamenti. Su Psicologo Melzo avevamo scritto un articolo sull'offuscamento dei padri da parte della psicologia classica e del pensiero comune.. qui cambia il contenuto, ma non il processo oscurantista.
  • Altro tema che sento molto forte è quello delle aspettative genitoriali sui figli, il scegliere per il loro futuro e sui processi di autonomia e definizione della propria identità adulta da parte dei figli.
    Credo che fin dall’inizio sia chiaro come la ragazza viva con profonda ambivalenza la situazione ed il progetto di vita prospettatole, cogliendo l'aggressione come un punto di cambiamento.

Uno dei pregi migliori del film è stato infatti proprio aver mostrato come l'episodio dell'aggressione possa essere qualcosa di diverso dall'essere considerato un evento traumatico, che segna un prima ed un dopo nella vita della ragazza, che scompagina tutti i progetti di vita. Questo è quanto in psicologia si intende per trauma, ma da un punto di vista sistemico tale concetto è poco legittimato nella sua essenza. Il film ne rende evidenti i motivi: senza negare i vissuti dolorosi dell'accaduto,  non solo per la ragazza, l'evento è diventato un pretesto conversazionale attorno a cui tutti i personaggi si sono potuti ridefinire nelle proprie scelte e nelle proprie relazioni, similmente a quanto accade quando si registrano i cosidetti comportamenti problematici nei figli o vi sono esordi sintomatici.

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