Tribunale e testimoni: come porre le domande?

I testimoni nel processo penale: come fare o non fare alcune domande...

I due volti della verità...

Come si premetteva in un articolo precedente di Psicologo Melzo – Psicologo Novate, tra le caratteristiche psicologiche della testimonianza, vi è soprattutto il contesto in cui essa avviene, ovvero in un aula di tribunale nel merito di processi penali in cui il testimone è sottoposto ad un esame e ad un controesame dalle parti (solitamente il pubblico ministero e l’avvocato dell’imputato): se è vero che entrambe le parti (accusa e difesa) intendono ottenere dal testimone una ricostruzione dei fatti, è anche vero che l’obiettivo non è comune, in quanto le informazioni da acquisire devono sostenere tesi completamente opposte (a favore o contro l’imputato).

..e lo stress del testimone

Niente di più facile quindi che il testimone sia messo sotto pressione affinché possa risultare poco credibile, per alcune caratteristiche personologiche, per alcuni comportamenti o “semplicemente” per l’inattendibilità delle informazioni fornite, per incoerenza, vuoti di memoria, confusione…
Il romanzo “Testimone inconsapevole” di Gianrico Carofiglio, offre un ottimo spunto su come le domande siano fondamentali per ottenere certe informazioni e comprendere le risposte, ma molto più approfondito risulta essere un altro saggio dello stesso autore, “L’arte del dubbio”, proprio sulla tecnica delle domande in tribunale.

Tecniche e domande

Essendo questo un sito di psicologia però, cerchiamo di capire come è possibile ottenere informazioni da chi è stato testimone ad un evento cercando di aderire maggiormente al ricordo della persona:

-porre domande a risposta chiusa, quali “si” o “no”, aiuta a ricostruire passo per passo gli eventi da narrare, riducendo il rischio di confusione, sebbene al contempo possa far sentire il testimone “ingabbiato” e impossibilitato ad arricchire la propria risposta. Eppure, lasciare molto spazio alle risposte rischia paradossalmente di fornire un racconto meno dettagliato, o che si focalizza su questioni meno rilevanti per il dibattimento;

-la testimonianza non è un processo soggettivo, ma relazionale: anche l’interazione tra chi pone le domande e chi risponde incide su come la persona può ricordare ed esporre: se il non verbale della persona che pone la domanda è aggressivo, per esempio, genera un clima emotivo nel testimone ben diverso da un tono accogliente o di incoraggiamento;
Vi sono poi modi suggestivi di porre domande, ovvero formule che inducono già una specifica risposta. Citiamo due casi:

- vari studi di linguistica e di psicologia generale dimostrano che ad una domanda in cui venga esposta un’informazione in alternativa al suo contrario (per esempio: Si ricorda se c’era una macchina bianca o non c’era?), le persone tendono a rispondere sul positivo

- una domanda può far virare l’attenzione su un dettaglio da confermare, ma in realtà il vero obiettivo è far confermare un’informazione già contenuta nella domanda. È più semplice fare un esempio: chiedendo “si ricorda se accanto al taxi fosse parcheggiata un’altra vettura blu ad uso “noleggio con conducente”?” si dà per implicita la presenza di un taxi, a cui la persona, in quel contesto, non porrà attenzione al taxi, ma ad una vettura blu che avesse anche la targhetta di NCC.

Tutte queste domande di stampo suggestivo sono ovviamente da eliminare in un lavoro di raccolta informazioni con bambini, ma su questo capitolo occorrerà dedicare un apposito articolo.

 

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