Abbiamo davvero bisogno di psicoterapia? Una risposta al Guardian

Come rispondere a chi diffonde i dati di una ricerca in modo confusivo ed erroneo sull'utilità della psicoterapia

Il quotidiano brittanico The Guardian (tradotto in italiano dal periodico "Internazionale") ha pubblicato un articolo che divulgherebbe i dati di una ricerca condotta da uno psicologo australiano, Robert King, della Queensland University (troverete tutti i riferimenti in fondo al presente articolo).

"Abbiamo davvero bisogno della psicoterapia?" è il titolo degli articoli e la risposta alla domanda è già esplicitata nel sottotitolo: "La ricerca dimostra che l'auto aiuto è più efficace di ogni forma di terapia".

Motivato dal fatto che sia l'Internazionale che il Guardian sono mie due letture abituali che seguo con interesse, con curiosità ho iniziato a leggere questo articolo la cui premessa sembrerebbe dire che la psicoterapia non è più efficace, anzi, lo è proprio di meno, di un auto-aiuto, cioè della capacità della persona di risolvere da sola i propri problemi.

Almeno l'aforisma di Woody Allen secondo cui la psicoanalisi è un mito creato dalle aziende produttrici di divani era spiritoso.

Ho letto l'articolo e poi sono andato a trovare le fonti: il Guardian cita prima un altro articolo di un sito (Quarz), su cui quale finalmente trovo i riferimenti bibliografici dell'articolo originale, cioè della ricerca apparsa sulla rivista Administration and Policy in Mental Health and Mental Health Services Research.

Qualche precisazione sostanziale...

Sarebbe scontato da parte mia rispondere con una contro-argomentazione rispetto alla questione di fondo, ...scontato, ma anche abbastanza autoevidente... dal mio punto di vista almeno.

Provo a spiegarmi, semplificando una questione: un problema diventa realmente tale non quando la persona non sa che cosa fare per superarlo, ma quando pur sapendolo, non riesce. Questo è uno dei motivi per cui non do mai consigli in seduta su che cosa o che cosa non fare, oltre che, ed è il motivo principale, per il fatto che le persone sono a mio avviso sempre relazionalmente competenti ed esperte di se stesse.

Vi è anche poi una caratteristica del mio modo di lavorare con le persone, una prerogativa dell'orientamento in cui mi muovo, secondo cui il problema che una persona (o coppia, o famiglia...) presenta è al contempo anche un tentativo di soluzione nei confronti di un'altra problematica.

Sono quindi d'accordo sul fatto che le persone possano riuscire a risolvere i propri problemi da soli, ma è quando non vi ci si riesce che può essere aiuto un sostegno e un possibile cambiamento con l'aiuto di un professionista.

Sono però molto consapevole del fatto che tantissime persone ritengano il lavoro dello psicologo inutile, "perchè parlare non risolve i problemi", "perchè sono tutte cialtronerie" e simili... ma mi viene più difficile accettare che su riviste di un certo spessore vengano divulgati concetti in modo confusivo ed erroneo, altro che manomissione della parola.

Gli errori teorici e pratici dell'articolo del Guardian

Di tutta l'erba un fascio

Innanzitutto, la ricerca in questione è uno studio che si è focalizzato su uno specifico approccio di terapia, quello cognitivo comportamentale.

Vi è però un evidente livello di confusione nell'articolo relativamente al mondo della psicoterapia e dei suoi approcci, tant'è che per esempio, sulle pagine web di tutte le tre riviste che hanno diffuso la ricerca, compaiono immagini riconducibili alla psicoanalisi (ho aggiunto in coda all'articolo i link di riferimento per ogni fonte citata), e addirittura il sottotitolo che compare su Quarz è "A volte un sigaro è soltanto un sigaro", citanto, peraltro in maniera completa al punto da cambiarne il senso ("A volte un sigaro è soltano un sigaro, ma qualche volta è anche qualcos'altro"), una frase attribuita a Freud. Sigmund Freud. Il padre della psicoanalisi. Non proprio il pioniere della terapia cognitivo comportamentale (per i non addetti al lavoro, il comportamentismo nasce proprio in opposizione al paradigma psicoanalitico).

Sarebbe come scrivere un articolo in cui si dice che la medicina non è meglio dei rimedi tradizionali della nonna, per diffondere una ricerca che parla di ortopedici, ma il sito propone l'immagine di un bambino con il volto coperto da macchioline ed un termometro in bocca.

Ecco, quando il giornalista del Guardian sostiene che dire che l'auto-aiuto è più efficace di una psicoterapia è un'affermazione che

"farà arrabbiare gli psicoterapeuti, e la reazione corretta sarebbe assumere un’aria comprensiva e chiedere: -Perché pensa che questo la faccia tanto arrabbiare?-”

rispondo che,  almeno da parte mia, trovo intellettualmente disonesto il pressapochismo con cui viene affrontato l'argomento: è scorretto generalizzare a tutta la psicoterapia uno dei suoi approcci, e soprattutto spostando da un piano economico (focus dell'articolo scientifico originario) ad una riflessione più complessa e generale sulla psicoterapia.

Ora, io non sono uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, per non cui risponderò ad alcune obiezioni mosse nell'articolo di King contro la cognitivo comportamentale: come terapeuta sistemico è ovvio che mi muovo secondo premesse e pratiche diverse (altrimenti non sarebbero approcci differenti), ma non entro in una questione di campanilismo o di pubblicità comparative tra approcci di psicoterapia: semplicemente penso che una risposta seria non possa che essere data da esperti di quel specifico approccio.

Confusione tra teoria e pratica

Non posso però esimermi dal considerare come nel prosieguo della lettura dell'articolo su Guardian, sia profondamente scorretto il sostenere l'inutilità di un approccio cognitivo comportamentale evidenziando come sia più utile il buon senso comune, citando la psicoanalisi come esempio del buon senso comune.

..."Questo è il buon senso alla base del cliché dello psicanalista freudiano che non fa altro che riformulare le affermazioni del paziente sotto forma di domande:"

Anche qui, non entro nel merito della psicoanalisi, l'approccio psicoterapeutico più conosciuto a livello di pensiero comune (si veda anche gli errori nelle immagini degli articoli in quesitone) e come tale anche più bersagliato da battutine di vario tipo.

Il problema è a mio avviso equiparare una specifica tecnica con il senso comune, senza tener conto di quali siano i presupposti epistemologici alla base di una tecnica (di qualsiasi approccio essa sia).

Semplificazioni pericolose

Si tratta di generalizzazioni pericolose. Anche la sistemica è ovviamente oggetto di semplificazioni e battute erronee, ma ripeto ancora quanto sia pericoloso e scorretto sostenere, come alla fine dell'articolo, che anche un buon libro possa essere risolutore di un problema personale e che, citando la frase finale, "quando si tratta di psicologia, c’è un vantaggio in più: nella metà dei casi, un problema veramente capito smette di essere un problema".

Mi spiego meglio, per connettermi con l'inizio del mio articolo: è vero che un libro, un film, una relazione, un'esperienza particolare (vacanze incluse) possono essere terapeutiche e migliorative, ma un problema emotivo e psicologico profondo, è tale proprio quando pur avendolo veramente capito, non si riesce a superarlo. Aggiungo che nell'esperienza di lavoro, molto spesso le persone arrivano in difficoltà anche perchè, invece, non hanno ben capito che cosa le faccia star male, la fatica è tavolta nel mettere a fuoco che cosa mi stia facendo stare male, perchè magari ci si sente in ansia, o in panico, e non si hanno motivi a cui ricondurre queste emozioni, "mi viene da piangere e non so perchè", "sono nervoso, ma non ho motivo", sono solo alcune situazioni comuni per cui le persone chiedono di poter iniziare un lavoro.

Riferimenti bibliografici

Articolo su The Guardian: Do we really need psychotherapy? 22 settembre 2017

Internazionale, settembre 2017: Abbiamo veramente bisogno di psicoterapia?

R. King (2017), Understanding the Therapist Contribution to Psychotherapy Outcome: A Meta-Analytic Approach, Administration and Policy in Mental Health and Mental Health Services Research September 2017, Volume 44, Issue 5, pp 664–680, scaricabile qui

Olivia Goldhill (2017), SOMETIMES A CIGAR IS JUST A CIGAR. Patients can be pretty good therapists to themselves" Quarz, 20.08.2017

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